Fabrizio De Andrè il cantautore genovese diventato leggenda
Fabrizio De Andrè, la vita e i ricordi a 22 anni dalla sua scomparsa.
Fabrizio De André era nato il 18 febbraio 1940 a Ge-Pegli in Via De Nicolay 12 da Luisa Amerio e Giuseppe De André, professore in alcuni istituti privati da lui diretti. Nella primavera del 1941 papà De André, a causa della guerra, sfollò con la famiglia a Cascina dell’Orto nei pressi di Revignano d’Asti.
Terminata l’avventura bellica italiana i De André tornarono a Genova e si stabilirono in Via Trieste 8. Nell’ottobre del 1946 il piccolo Fabrizio venne iscritto alla scuola elementare presso l’Istituto delle suore Marcelline e, seppur bambino, iniziò a manifestare il suo temperamento ribelle e anticonformista.
Gli espliciti segnali di insofferenza alla disciplina indussero i genitori a ritirarlo dalla struttura privata per iscriverlo in una scuola statale, l’Armando Diaz.
Nel ‘51 De André prese a frequentare la Scuola Media Giovanni Pascoli ma una sua bocciatura, in seconda, fece infuriare il padre in maniera tale che lo trasferì, per l’educazione, dai severissimi gesuiti dell’Arecco. Finì poi le medie all’Istituto Palazzi di Sampierdarena e, nel 1954, iniziò a prendere lezioni di chitarra dal maestro Alex Giraldo.
L’anno successivo si esibì in pubblico in uno spettacolo di beneficenza organizzato al Teatro Carlo Felice dall’Auxilium di Genova.
Nel 1956, di ritorno dalla Francia, il padre gli portò in regalo due 78 giri di Georges Brassens: Fabrizio incuriosito da quello stile a lui ancora sconosciuto ne tradusse i testi. Ben presto cercò altri dischi di Brassens, Montand, Ferrè e più tardi fece la stessa cosa con le canzoni di Moustaki, Reggiani, Cohen, Dylan e Brel. Seguirono gli studi ginnasiali, liceali ed infine universitari (facoltà di Giurisprudenza), interrotti a pochi esami dalla fine.
Il suo primo disco uscì nel 1961: “Nuvole barocche”, seguito da altri 45 giri senza un grande successo commerciale, ma molti anni dopo riconosciuti come i più illuminanti della sua carriera. L’apprezzamento dalle classifiche dei dischi venne alcuni anni dopo, nel 1968, quando Mina incise “La Canzone di Marinella”, che lo catapultò all’attenzione del grande pubblico.
Tra i suoi amici di allora c’erano Gino Paoli, Luigi Tenco, Bruno Lauzi, Umberto Bindi e Paolo Villaggio. Nel 1962 sposò Enrica Rignon e nacque loro un bel bambino: Cristiano.
Erano i miti sopra citati a stregare il giovane cantante-chitarrista e, come loro, voleva battersi contro l’ipocrisia bigotta e le convenzioni borghesi imperanti. Lo fece con arguzia e poesia in “La Guerra di Piero”, “Bocca di Rosa” e “Via del Campo”. Dal 1970 i giovani che acquistavano i dischi cominciarono a preferire il 33 giri ai singoli. Per De Andrè fu una bella fortuna dato che il suo pensiero musicale non poteva essere esternato in poco più di due minuti. Infatti tre “concept album” (canzoni che seguono un unico tema): “La buona novella” (1970), “Non al denaro né all’amore né al cielo” (1971) e “Storia di un impiegato” (1973) furono tra gli Lp più venduti di quegli anni.
Nel 1977, in previsione della nascita della figlia Luisa Vittoria, De André si stabilì nella tenuta sarda dell’Agnata, a due passi da Tempio Pausania, insieme a Dori Ghezzi, sua compagna dal 1974.
La sera del 27 agosto 1979, la coppia fu rapita dall’anonima sequestri e tenuta prigioniera nelle montagne di Pattada, per essere liberata dopo circa quattro mesi (Dori fu liberata il 21 dicembre, Fabrizio il 22) dietro il versamento di un riscatto di circa 550 milioni di lire. L’esperienza del sequestro e la realtà sarda gli ispirarono diverse canzoni che furono raccolte in un album senza titolo, pubblicato nel 1981, comunemente conosciuto come “L’indiano”. Il filo che lega i vari brani è il parallelismo tra il popolo dei pellerossa e quello sardo. Nel 1984 il 33 giri “Creuza de ma” fu premiato come miglior album dell’anno e del decennio.
Nel 1988 intraprese una collaborazione con Ivano Fossati (“Questi posti davanti al mare”) e nel 1989 a Tempio Pausania sposò la compagna Dori Ghezzi.
Nel 1990 pubblicò “Le nuvole” con grande successo di vendite e di critica. Seguì l’album live del ‘91 e il tour teatrale del ‘92, poi un silenzio di quattro anni, interrotto solo nel 1996, quando tornò sul mercato discografico con “Anime Salve”, altro disco molto amato dalla critica e dal pubblico.
Stroncato da un male incurabile, l’11 gennaio 1999 a Milano, Fabrizio De Andrè si spense, i suoi funerali si svolsero il 13 gennaio a Genova alla presenza di una enorme folla.
Hanno detto di Fabrizio De Andrè;
Don Andrea Gallo (sacerdote): “Leggendo i testi di Fabrizio si è contagiati dalla profonda voglia di libertà e da un desiderio di prendere il largo. Un vero impulso di affrancarsi dalle convenzioni per procedere in direzione ostinata e contraria”.
Paolo Villaggio (attore): “Era intelligente, geniale, allegro, spiritoso, squinternato, un po’ vanitoso, snob: non era triste, come voleva l’immagine pubblica che gli avevano dipinto addosso. Era un anarchico, grande poeta”.
Renzo Arbore (cantante): “Uno spartiacque fondamentale nella musica italiana: il primo a coniugare felicemente la semplicità della musica popolare con la raffinatezza dei testi. Uno dei pochi per cui valga davvero la pena di spendere la parola poeta”.
Antonello Venditti (cantante): “Un amico caro, una persona eccezionale che lascia dietro di sé tanto dolore. Ho seguito la sua malattia, e ho sperato con lui. Avevamo un rapporto profondissimo, sono veramente senza parole. Ciò che ha fatto Fabrizio De André in trent’anni, e ciò che ha rappresentato per la musica, sono fatti che parlano da soli”.
Pino Daniele (cantante): “Se n’è andato un grande della nostra cultura”.
Gianna Nannini (cantante): “Era un punto di riferimento, una sorta di padre ispiratore. Per vent’anni non ci siamo mai persi di vista e ultimamente ci eravamo visti spesso. Credo che Fabrizio lasci un vuoto incolmabile”.
Fabio Fazio (conduttore Tv): “In questi casi si chiedono alle persone note parole che servano a consolare la gente. Io sono tra quei tantissimi che hanno bisogno di essere consolati”.
Fausto Bertinotti (politico): “Più di una generazione sarà sempre grata a Fabrizio De André per ciò che ha dato e che non muore con lui. E’ stato il cantore della dissacrazione dei falsi miti del moralismo borghese”.
Vasco Rossi (cantante): “Ho conosciuto De André prima come artista e l’ho amato subito, poi ho avuto la fortuna di conoscerlo come uomo e non mi ha mai deluso, cosa non facile. Un grande artista e un grande uomo”.
Radio Vaticana (emittente): “Veniva dall’alta borghesia ma ha passato la vita a denunciare le ipocrisie del vivere borghese. Della sua Genova aveva cantato il lato più torbido, della vita quello più drammatico. La sua voce, calda nel timbro e fredda nel fraseggio, aveva cantato il lato oscuro del mondo”.
Massimo Bubola (cantante): “Una persona di grandissima ricchezza umana, con una cultura immensa, che si orientava su tutto. Fabrizio non amava essere compatito, era una persona fiera e aveva un approccio fresco con la poesia”.
Gigi Riva (ex calciatore): “Eravamo molto simili di carattere, io ero un suo ammiratore. Mi ha accompagnato per tanti anni con la sua musica e le sue canzoni”.
Fernanda Pivano (scrittrice): “Fabrizio non è morto. Vivrà sempre negli spazi profumati della poesia, che è eterna”.
Armando Cossutta (politico): “Con la morte di Fabrizio De André la cultura del nostro Paese si impoverisce gravemente, con lui se ne va il senso di un impegno civile e politico”.
Ornella Vanoni (cantante): “Non ci frequentavamo molto, però c’era un profondo affetto. Quando Dori e Fabrizio sono stati liberati dal sequestro, credo che una delle prime uscite fra amici, fu nella mia casa di campagna, a Lucca. Conservo un bel ricordo di quella serata”.
Testo e ricordi di Teddy Sergio di Tonno